Vorrei sentire la tua voce gridare, tentare, sbagliare…

“Era un ragazzo di così buona famiglia”, si sente dire con sottofondo di campane a morto. A volte anche dalla famiglie migliori vengono fuori individui legati indissolubilmente a un’idea, per la quale sono pronti a gridare, tentare e sbagliare a prescindere. Le famiglie migliori, anzi, sono proprio quelle che pompano nel cuore della nostra società, svuotata e rassegnata, i loro figli cresciuti così. In ogni ambito, i gendarmi del quieto vivere allungano sempre più i tentacoli della repressione. La curva Maratona conta ormai decine di diffidati per motivi (motivi?) incomprensibili, al di là di ogni logica e giustizia: ce n’è per chi ha cercato di afferrare la maglietta di un giocatore a fine partita, per chi ha acceso una torcia lontanissimo dallo stadio, per chi si è attardato a fare quattro chiacchere tra i tornelli e gli ingressi, per chi è stato “visto” in una zona dove non avrebbe dovuto essere (tanto, 50 metri più in qua o più in là significano solo due anni di firma ogni domenica). Il continuo inasprimento delle leggi sulla violenza nel calcio ha appiattito ogni differenza tra ultras e semplice tifoso. L’Athletic Daspo granata è formato da ultras che orgogliosamente rivendicano le loro azioni e le loro turbolenze, ma anche da una notevole quantità di tifosi che – da un giorno all’altro – si è trovata sbattuta in un labirinto di denunce, interrogatori, avvocati, aule di tribunale. La fede comune di tutte queste persone è il Toro; la famiglia comune di tutte queste persone è la Maratona.
…Non sopporto più di vederti morire ogni giorno, innocuo e banale

Se qualcuno non se ne fosse accorto, se avesse passato il proprio tempo allo stadio fischiando o persino applaudendo coloro che al momento indossano le nostre gloriose maglie granata, sarebbe forse meglio iniziasse a osservare per vedere davvero quel che gli capita intorno, pensasse a riacquistare la propria centralità di tifoso. È venuto il momento, infatti, di schierarsi apertamente, di decidere se seguire la strada che porta irrimediabilmente al calcio da poltrona, o tentare di resistere secondo quello che da anni ci tramandiamo come patrimonio di Curva. Dall’inizio dell’anno, la Maratona è stata investita da un numero impressionante di diffide per le ragioni (ragioni?) più svariate: ce n’è per chi ha cercato di afferrare la maglietta di un giocatore a fine partita, per chi ha acceso una torcia lontanissimo dallo stadio, per chi si è attardato a fare quattro chiacchere tra i tornelli e gli ingressi, per chi è stato “visto” in una zona dove non avrebbe dovuto essere (tanto, 50 metri più in qua o più in là significano solo due anni di firma ogni domenica). Senz’approfondire i motivi di un recente passato e di un presente di repressione crescente, bisogna senz’altro guardare avanti. Attualmente, il ministero degli interni sta giocando la carta della tessera del tifoso per mettere gli uni contro gli altri coloro che, secondo logiche semplicistiche, sarebbero ultras e normali spettatori, onde trasformare definitivamente il calcio in qualcos’altro: silenzio sugli spalti, nessun colore, biglietti esosi (il calo delle vendite verrà riequilibrato da aumentati ricavi televisivi), pop-corn e majorettes.

La tessera del tifoso è già stata sperimentata quest’anno a Milano. Ha sostituito la tessera d’abbonamento e soltanto con essa è possibile acquistare singoli biglietti. L’irruzione milanista durante una trasmissione (pseudo)sportiva al termine di juve-milan di qualche mese fa, del resto, era proprio dettata dallo stupore di non aver potuto accedere allo stadio malgrado tutti i componenti del gruppo fossero regolarmente in possesso di tessera del tifoso. Nel primo suo anno di vita, la tessera del tifoso è stata fatta passare come puro strumento statistico, sebbene in realtà fosse evidente che varie ombre si agitavano alle sue spalle. Il 24 gennaio 2009, la repressione ha gettato la maschera: dal campionato prossimo, a Milano chiunque abbia scontato una diffida in passato non potrà più ottenere la tessera del tifoso e, di conseguenza, non potrà più andare allo stadio, né in casa, né in trasferta. Per tutta la vita. Questo vale addirittura per coloro che, scontata la diffida, siano stati assolti nel procedimento penale che ha originato la diffida medesima.

Nuove prescrizioni per le società organizzatrici di competizioni riguardanti il gioco del calcio:

1. è fatto divieto alle società organizzatrici di competizioni riguardanti il gioco del calcio, responsabili della emissione, distribuzione, vendita e cessione dei titoli d’accesso, di cui al decreto ministeriale 6 giugno 2005 del ministro dell’interno, pubblicato nella gazzetta ufficiale n. 150 del 30 giugno 2005, di emettere, vendere o distribuire titoli di accesso a soggetti che siano stati destinatari di provvedimenti di cui all’articolo 6 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, ovvero a soggetti che siano stati, comunque, condannati, anche con sentenza non definitiva, per reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive.

Con l’introduzione della tessera del tifoso questo articolo (n. 9, legge Amato, 41/2007) ottiene lo strumento per far sì che tutti coloro che abbiano ricevuto una diffida, qualsiasi sia stato l’esito del procedimento penale, non possano più tornare allo stadio. Malgrado le difficoltà costituzionali esistenti (o la diffida è una misura preventiva, e nell’articolo di legge ci si riferisce a soggetti condannati, o la diffida è di per sé già una condanna e allora è anticostituzionale poiché non garantisce un’adeguata difesa), malgrado le resistenze di alcune società, pare proprio che questa sarà la strada battuta per eliminare definitivamente il tifo dagli stadi. Non soltanto gli ultras.

Per chiunque abbia a cuore il futuro della Maratona:


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