Vorrei sentire la tua voce gridare, tentare, sbagliare…
“Era un ragazzo di così buona famiglia”, si sente dire con sottofondo di campane a morto. A volte anche dalla famiglie migliori vengono fuori individui legati indissolubilmente a un’idea, per la quale sono pronti a gridare, tentare e sbagliare a prescindere. Le famiglie migliori, anzi, sono proprio quelle che pompano nel cuore della nostra società, svuotata e rassegnata, i loro figli cresciuti così. In ogni ambito, i gendarmi del quieto vivere allungano sempre più i tentacoli della repressione. La curva Maratona conta ormai decine di diffidati per motivi (motivi?) incomprensibili, al di là di ogni logica e giustizia: ce n’è per chi ha cercato di afferrare la maglietta di un giocatore a fine partita, per chi ha acceso una torcia lontanissimo dallo stadio, per chi si è attardato a fare quattro chiacchere tra i tornelli e gli ingressi, per chi è stato “visto” in una zona dove non avrebbe dovuto essere (tanto, 50 metri più in qua o più in là significano solo due anni di firma ogni domenica). Il continuo inasprimento delle leggi sulla violenza nel calcio ha appiattito ogni differenza tra ultras e semplice tifoso. L’Athletic Daspo granata è formato da ultras che orgogliosamente rivendicano le loro azioni e le loro turbolenze, ma anche da una notevole quantità di tifosi che – da un giorno all’altro – si è trovata sbattuta in un labirinto di denunce, interrogatori, avvocati, aule di tribunale. La fede comune di tutte queste persone è il Toro; la famiglia comune di tutte queste persone è la Maratona. …Non sopporto più di vederti morire ogni giorno, innocuo e banale
giovedì 13 ottobre 2011
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E’ un caso che ha fatto parlare di Catania in tutto il mondo: il volto violento della città fu mostrato in mondovisione il 2 febbraio del 2007. Quel giorno nel corso degli scontri fra "tifosi" nel derby Catania-Palermo intorno allo stadio “Angelo Massimino” perse la vita l’ispettore della Polizia di Stato Filippo Raciti. Venerdì mattina, davanti alla Corte d’appello per i minorenni di Catania, si terrà un’altra udienza del processo d’appello per Antonino Speziale, condannato in primo grado a 14 anni di reclusione per omicidio preterintenzionale. Il 14 ottobre ci sarà spazio per due momenti di rilievo: la visione in aula del famoso sottolavello –secondo l’Accusa il “corpo del reato”- e la deposizione di un carabiniere nella qualità di testimone. Per l'accusa Speziale avrebbe scagliato – a mò d’ariete- un sottolavello contro le forze dell'ordine nel corso di scontri attorno allo stadio. In quell'occasione, davanti all'ingresso della curva nord, avrebbe ferito mortalmente, l'ispettore Raciti.Con lui avrebbe agito anche un altro ultras etneo, Daniele Micale, che, in altro processo, la Corte d'assise di Catania, ha condannato a 11 anni di reclusione, sentenza per la quale in secondo grado è stata chiesta la conferma e il procedimento è in corso: 10 per omicidio preterintenzionale e un anno per resistenza aggravata a pubblico ufficiale. Per quest'ultimo reato Speziale è stato già condannato, con sentenza definitiva, a due anni di reclusione, che ha già scontato. Iene Sicule, 13 ottobre
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