Vorrei sentire la tua voce gridare, tentare, sbagliare…

“Era un ragazzo di così buona famiglia”, si sente dire con sottofondo di campane a morto. A volte anche dalla famiglie migliori vengono fuori individui legati indissolubilmente a un’idea, per la quale sono pronti a gridare, tentare e sbagliare a prescindere. Le famiglie migliori, anzi, sono proprio quelle che pompano nel cuore della nostra società, svuotata e rassegnata, i loro figli cresciuti così. In ogni ambito, i gendarmi del quieto vivere allungano sempre più i tentacoli della repressione. La curva Maratona conta ormai decine di diffidati per motivi (motivi?) incomprensibili, al di là di ogni logica e giustizia: ce n’è per chi ha cercato di afferrare la maglietta di un giocatore a fine partita, per chi ha acceso una torcia lontanissimo dallo stadio, per chi si è attardato a fare quattro chiacchere tra i tornelli e gli ingressi, per chi è stato “visto” in una zona dove non avrebbe dovuto essere (tanto, 50 metri più in qua o più in là significano solo due anni di firma ogni domenica). Il continuo inasprimento delle leggi sulla violenza nel calcio ha appiattito ogni differenza tra ultras e semplice tifoso. L’Athletic Daspo granata è formato da ultras che orgogliosamente rivendicano le loro azioni e le loro turbolenze, ma anche da una notevole quantità di tifosi che – da un giorno all’altro – si è trovata sbattuta in un labirinto di denunce, interrogatori, avvocati, aule di tribunale. La fede comune di tutte queste persone è il Toro; la famiglia comune di tutte queste persone è la Maratona.
…Non sopporto più di vederti morire ogni giorno, innocuo e banale
Tifosi ai domiciliari dopo un mese di cella. «Effetto deterrente raggiunto». Processo a dicembre

VERONA - Affollata come tutt’altro che spesso accade, l’aula del Tribunale collegiale ha dovuto pazientare per quasi una quarantina di minuti prima che il giudice Sandro Sperandio scandisse una notizia che già nelle ultime ore era nell’aria: tutti e tre gli ultrà dell’Hellas che si trovavano ancora costretti a restare rinchiusi dietro le sbarre del carcere di Montorio dal famigerato dopo-partita tra la squadra di casa e la Nocerina datato 22 ottobre scorso, hanno potuto uscire dalla cella grazie alla concessione degli arresti domiciliari nelle rispettive abitazioni. E’ stato alle 10.52 (questo l’orario che compare nero su bianco nel verbale d’udienza) che Nicolò Banterla (classe ’91, di Affi, rappresentato dagli avvocati di fiducia Beniamino Zermini e Federico Lugoboni), Antonio Drago di Vigasio (classe ’81, legale di fiducia Mirko Zambaldo) e Luca Martinatti (classe ’83, di Pescantina, difeso dai legali Giuseppe Trimeloni e Giovanni Adami) hanno ottenuto la scarcerazione andando a raggiungere ai domiciliari il coimputato Marco Marchesini (classe ’83, residente a Negrar, difensori Paolo Tacchi Venturi e Renzo Segala), a cui gli «arresti in casa» erano già stati dati due giorni prima su decisione del giudice per le indagini preliminari Laura Donati.

Corriere della Sera, 17 novembre
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