Antonino Speziale è stato condannato in secondo grado a otto anni di reclusione dalla Corte di Appello per i minorenni di Catania per l'omicidio dell'ispettore capo della polizia di Stato, Filippo Raciti.
L'ispettore era morto per i postumi delle ferite riportate nel corso degli scontri durante la partita di calcio Catania-Palermo, il 2 febbraio 2007, nello stadio 'Angelo Massimino' di Catania. In primo grado Speziale venne condannato a 14 anni. Il sostituto procuratore generale Mariella Ledda aveva chiesto la condanna a 11 anni di reclusione. Il processo è stato celebrato davanti davanti la Corte d'appello per i minorenni di Catania perché l'imputato, all'epoca dei fatti, non era ancora maggiorenne.
Secondo l'accusa Speziale, che era in aula e ha assistito quasi impassibile alla lettura della sentenza, durante l'arrivo dei tifosi del Palermo al Massimino avrebbe lasciato il suo posto allo stadio per scontrarsi con gli ultras rivalì, e avrebbe utilizzato un sottolavello in metallo a mo' d'ariete contro le forze dell'ordine che cercavano di bloccarli. In quell'occasione, davanti all'ingresso della Curva Nord, avrebbe ferito mortalmente, con una lesione al parenchima del fegato, l'ispettore Raciti.
Con lui avrebbe agito anche un altro ultras etneo, Daniele Michele, che, in un processo separato, la Corte d'assise d'appello di Catania, il 21 ottobre scorso, confermando la sentenza di primo grado del 22 marzo 2010, ha condannato a 11 anni di reclusione: 10 per omicidio preterintenzionale e un anno per resistenza
aggravata a pubblico ufficiale. Per quest'ultimo reato Speziale è stato condannato, con sentenza definitiva, a due anni di reclusione, che ha già scontato.
Il legale di Speziale, l'avvocato Giuseppe Lipera, ha annunciato ricorso in Cassazione: "Come volevasi dimostrare - ha detto nel commentare la sentenza - l'appuntamento per il processo è l'anno prossimo in piazza Cavour a Roma, davanti alla Corte suprema di Cassazione. Entità della pena e tempo di camera di consiglio - ha concluso - mi fanno pensare alla mancanza di unanimità. Cosi vanno le cose in Italia oggi...".
"Questa è una sentenza giusta, per i colleghi di mio marito, ed educativa per chi ha commesso il reato e per chi ancora continua a pensare che gli atti di violenza restino impuniti": così ha commentato Marisa Grasso, vedova dell'ispettore Filippo Raciti.
La Repubblica, 21 dicembre
L'ispettore era morto per i postumi delle ferite riportate nel corso degli scontri durante la partita di calcio Catania-Palermo, il 2 febbraio 2007, nello stadio 'Angelo Massimino' di Catania. In primo grado Speziale venne condannato a 14 anni. Il sostituto procuratore generale Mariella Ledda aveva chiesto la condanna a 11 anni di reclusione. Il processo è stato celebrato davanti davanti la Corte d'appello per i minorenni di Catania perché l'imputato, all'epoca dei fatti, non era ancora maggiorenne.
Secondo l'accusa Speziale, che era in aula e ha assistito quasi impassibile alla lettura della sentenza, durante l'arrivo dei tifosi del Palermo al Massimino avrebbe lasciato il suo posto allo stadio per scontrarsi con gli ultras rivalì, e avrebbe utilizzato un sottolavello in metallo a mo' d'ariete contro le forze dell'ordine che cercavano di bloccarli. In quell'occasione, davanti all'ingresso della Curva Nord, avrebbe ferito mortalmente, con una lesione al parenchima del fegato, l'ispettore Raciti.
Con lui avrebbe agito anche un altro ultras etneo, Daniele Michele, che, in un processo separato, la Corte d'assise d'appello di Catania, il 21 ottobre scorso, confermando la sentenza di primo grado del 22 marzo 2010, ha condannato a 11 anni di reclusione: 10 per omicidio preterintenzionale e un anno per resistenza
aggravata a pubblico ufficiale. Per quest'ultimo reato Speziale è stato condannato, con sentenza definitiva, a due anni di reclusione, che ha già scontato.
Il legale di Speziale, l'avvocato Giuseppe Lipera, ha annunciato ricorso in Cassazione: "Come volevasi dimostrare - ha detto nel commentare la sentenza - l'appuntamento per il processo è l'anno prossimo in piazza Cavour a Roma, davanti alla Corte suprema di Cassazione. Entità della pena e tempo di camera di consiglio - ha concluso - mi fanno pensare alla mancanza di unanimità. Cosi vanno le cose in Italia oggi...".
"Questa è una sentenza giusta, per i colleghi di mio marito, ed educativa per chi ha commesso il reato e per chi ancora continua a pensare che gli atti di violenza restino impuniti": così ha commentato Marisa Grasso, vedova dell'ispettore Filippo Raciti.
La Repubblica, 21 dicembre
Etichette:
Articoli