Vorrei sentire la tua voce gridare, tentare, sbagliare…

“Era un ragazzo di così buona famiglia”, si sente dire con sottofondo di campane a morto. A volte anche dalla famiglie migliori vengono fuori individui legati indissolubilmente a un’idea, per la quale sono pronti a gridare, tentare e sbagliare a prescindere. Le famiglie migliori, anzi, sono proprio quelle che pompano nel cuore della nostra società, svuotata e rassegnata, i loro figli cresciuti così. In ogni ambito, i gendarmi del quieto vivere allungano sempre più i tentacoli della repressione. La curva Maratona conta ormai decine di diffidati per motivi (motivi?) incomprensibili, al di là di ogni logica e giustizia: ce n’è per chi ha cercato di afferrare la maglietta di un giocatore a fine partita, per chi ha acceso una torcia lontanissimo dallo stadio, per chi si è attardato a fare quattro chiacchere tra i tornelli e gli ingressi, per chi è stato “visto” in una zona dove non avrebbe dovuto essere (tanto, 50 metri più in qua o più in là significano solo due anni di firma ogni domenica). Il continuo inasprimento delle leggi sulla violenza nel calcio ha appiattito ogni differenza tra ultras e semplice tifoso. L’Athletic Daspo granata è formato da ultras che orgogliosamente rivendicano le loro azioni e le loro turbolenze, ma anche da una notevole quantità di tifosi che – da un giorno all’altro – si è trovata sbattuta in un labirinto di denunce, interrogatori, avvocati, aule di tribunale. La fede comune di tutte queste persone è il Toro; la famiglia comune di tutte queste persone è la Maratona.
…Non sopporto più di vederti morire ogni giorno, innocuo e banale
giovedì 15 settembre 2011 |
...con le vetrine e i negozietti
di Giacomo Serafinelli

Buongiorno Toro...cos'è uno stadio? Uno stadio è un luogo in cui si disputano partite di calcio e si ritrovano i tifosi per incoraggiare la propria squadra del cuore. Quelli più calorosi in genere si riuniscono nelle curve, che spesso vengono abbellite con striscioni e bandiere. Dalle curve si alzano cori di sostegno per i propri giocatori e di dileggio per gli avversari. Negli ultimi tempi sono comparse delle strane figure sempre serie e composte, vestite con pettorine giallo fosforescente: gli stewards. Costoro hanno il compito di starsene in silenzio e di fissare i tifosi. Proprio così: per novanta minuti i tifosi guardano la partita e gli stewards guardano coloro che guardano la partita. Tutto sommato chi esprime perplessità sul calcio moderno e sulle sue regole, forse, non ha tutti i torti...
Poi c'è la gradinata, spesso scoperta, dove solitamente si ritrovano i supporters un po' meno caldi (ma non meno innamorati della squadra) e le famiglie. Infine troviamo la tribuna, la cui parte più interna è denominata tribuna “vip”. La caratteristica di questo settore è l'essere completamente riparato dalle inclemenze atmosferiche e di possede una collocazione frontale rispetto al campo di gioco (come, del resto, la gradinata), circostanza che consente una visione ideale dei movimenti dei protagonisti in campo. Andare allo stadio è un rito domenicale (ho scritto “domenicale”? Chiedo venia, ma ormai dovreste saperlo che sono un po' nostalgico) aggregante e liberatorio. Da che calcio è calcio, cioè più o meno da un secolo e mezzo, si va allo stadio per tifare la propria squadra ed insultare l'altra, vedersi con i propri amici e compagni di posto, cantare, fischiare, arrabbiarsi, gioire. Punto. Se invece passasse a livello nazionale il concetto che lo stadio fosse un centro commerciale, un luogo dove fare spese, mangiare e trascorrere una giornata? Un tempio del consumismo, insomma, in cui il pallone, alla stregua di un pacco di biscotti o di un pollo cotto allo spiedo, non sarebbe altro che un prodotto, da consumare e digerire in una bulimica corsa all'usa e getta. Un insulto all'arbitro e l'acquisto di un cellulare, una passata di bancomat al supermercato e un fuorigioco. Se, e sottolineo se, si decidesse di costruire un baraccone di questo genere e lo si facesse in tempo record e a spese non si sa bene di chi? E infine: se nella stessa città in cui, per ipotesi, si decidesse di costruire tale abominio, vi fossero le macerie dello stadio della gloriosa squadra che di quella città porta il nome, macerie di cui tutti, da anni, si disinteressano illudendo i tifosi, se tutto questo fosse vero, non ci sarebbe forse da indignarsi?
L'ho fatto ora e non lo farò più: non mi sentirete più parlare di quella cosa che “quelli là” chiamano stadio e di cui si vantano in maniera ridicola. Una risata li seppellirà.

Toronews, 15 settembre
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