Vorrei sentire la tua voce gridare, tentare, sbagliare…

“Era un ragazzo di così buona famiglia”, si sente dire con sottofondo di campane a morto. A volte anche dalla famiglie migliori vengono fuori individui legati indissolubilmente a un’idea, per la quale sono pronti a gridare, tentare e sbagliare a prescindere. Le famiglie migliori, anzi, sono proprio quelle che pompano nel cuore della nostra società, svuotata e rassegnata, i loro figli cresciuti così. In ogni ambito, i gendarmi del quieto vivere allungano sempre più i tentacoli della repressione. La curva Maratona conta ormai decine di diffidati per motivi (motivi?) incomprensibili, al di là di ogni logica e giustizia: ce n’è per chi ha cercato di afferrare la maglietta di un giocatore a fine partita, per chi ha acceso una torcia lontanissimo dallo stadio, per chi si è attardato a fare quattro chiacchere tra i tornelli e gli ingressi, per chi è stato “visto” in una zona dove non avrebbe dovuto essere (tanto, 50 metri più in qua o più in là significano solo due anni di firma ogni domenica). Il continuo inasprimento delle leggi sulla violenza nel calcio ha appiattito ogni differenza tra ultras e semplice tifoso. L’Athletic Daspo granata è formato da ultras che orgogliosamente rivendicano le loro azioni e le loro turbolenze, ma anche da una notevole quantità di tifosi che – da un giorno all’altro – si è trovata sbattuta in un labirinto di denunce, interrogatori, avvocati, aule di tribunale. La fede comune di tutte queste persone è il Toro; la famiglia comune di tutte queste persone è la Maratona.
…Non sopporto più di vederti morire ogni giorno, innocuo e banale
Avevano ragione gli ultras. Quando vennero inasprite le leggi nei confronti di quel movimento, nato a metà degli anni Sessanta (il più longevo d'Italia), nelle curve degli stadi apparirono vari striscioni: «Leggi speciali: oggi per gli ultrà, domani per tutta la città». In pratica sostenevano che era solo l'anticipo per il controllo sociale che sarebbe arrivato e che lo stadio diventava il laboratorio per esperimenti di repressione.
Allora le diffide e il Daspo vennero allargate non solo per quelli che se le davano di santa ragione in scontri e tafferugli, come era plausibile fare, ma anche per chi accendeva un innocuo fumogeno (non parliamo di bengala o razzi), esponeva striscioni non concordati via fax con la Questura (non parliamo di quelli a sfondo razzista), anche se sopra c'era scritto solo il nome del gruppo (esempio, "Collettivo", "Brigata", "Fossa", ecc) o per chi era vicino a quello che aveva praticato il reato di "fumogenata" o "striscionata".
Leggi speciali, dunque, per arginare il fenomeno della violenza ultras, che in realtà aveva avuto il suo apice negli anni Ottanta.


Insomma gli ultras, vennero criminalizzati e furono i primi ad essere imbavagliati. Sparirono le, come venivano definite dai cronisti sportivi, "magnifiche coreografie del dodicesimo uomo in campo" e chi oggi vuole andare allo stadio dev'essere preventivamente schedato tramite tessera del tifoso, altrimenti resta a casa a guardare la partita in televisione, pagando il dovuto ovviamente. Il nome di chiunque acquisti un abbonamento finisce in Questura, con tanto di fotografia ("solo" il nominativo e numero di documento per chi compra il singolo biglietto).
Intanto viene ucciso da un agente di polizia il tifoso laziale Gabriele Sandri. Come per Celestino Colombi, Stefano Furlan, Sergio Ercolano e gli altri tifosi ammazzati, nessuno ha pagato.
«La morte è uguale per tutti»


Però l'ultras non è solo il cattivone che vive per massacrare il collega avversario. Non è solo l'animale da reprimere.
E questo certi politici lo sanno bene. L'ultrà è gente, cittadino. Uguale voti.
Ecco perché nei covi (curve) degli schedati preventivi, hanno spesso e volentieri fatto capolino i nostri politici. Gli esempi arrivano soprattutto dal centro destra: il sindaco di Verona, il leghista Flavio Tosi è praticamente di casa tra i ragazzi della curva sud (come si può vedere in questo filmato) e il presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, è stata ospite in balconata degli Irriducibili Lazio, acclamata come il nuovo capo popolo (come mostriamo nelle foto), durante la campagna elettorale, a Lazio-Bari. Niente di male in fondo, visto che spesso gli onorevoli assomigliano sempre più al più peggiore ultrà. «Risse, striscioni, escort e cocaina...tessera del parlamentare quanto prima! Ultras Bari»
Le promesse elettorali si sprecavano, tra impieghi nella pubblica amministrazione (qualcosa è stato mantenuto da Alemanno per i vecchi camerati), ma soprattutto per quanto riguardava la cancellazione del Daspo.

Non solo. Roberto Maroni, ministro dell'Interno aveva dato, in privato, la sua parola. Invece le diffide preventive sono rimaste e gli ultras bergamaschi dell'Atalanta si vendicarono attaccando la festa della Lega Nord.
In realtà il Daspo è servito: mai come oggi gli ultras si sono uniti tra di loro, diventando massa, contro lo Stato, scendendo addirittura in piazza. Ecco perché c'erano striscioni contro la tessera del tifoso anche il 15 ottobre.


Dopo gli scontri di Roma, dunque, le leggi per gli stadi si trasferiranno nelle strade e la profezia degli ultras si avvererà. Anche se su questo punto bisogna essere precisi. Infatti sono molti quelli a cui già adesso viene impedito di andare ai cortei. A Torino, ad esempio, anarchici e antagonisti segnalati hanno il divieto di avvicinarsi alla zona in cui si sta svolgendo un'iniziativa. Lo stesso accade a Milano, Padova e a Roma.
C'è già il Daspo da manifestazione! Con tanto di obbligo di firma.

E anche quando si invoca la reintroduzione della legge Reale dobbiamo essere chiari. E' clamorosamente falso raccontare (come è accaduto in queste ore) che venne varata per sconfiggere il terrorismo. Infatti è del 1975, mentre la lotta armata incominciò a rendere ancora più buie le notti della nostra Repubblica solo due anni dopo.
Poi alcuni passaggi della legge non sono mai morti, anzi, sono stati rispolverati proprio per gli ultras. Come ad esempio il prolungamento dell'assenza di flagranza di reato anche oltre le 48 ore (la legge reale prevede addirittura in questo caso un fermo preventivo di 96 ore, prima della convalida da parte dei magistrati).


Chi oggi chiede più repressione dimentica (soprattutto quando rappresenta l'opposizione parlamentare e quindi è voce istituzionale della protesta) che l'introduzione di nuove, riciclate o vecchie leggi da regime non fermeranno i famigerati black bloc e gli altri violenti, ma non faranno altro che aumentare il numero delle persone che entreranno dentro le loro schiere, come avvenne grazie ai carri armati di Bologna, "guidati" da Francesco Cossiga e gli arresti di massa dopo il sequestro e l'uccisione di Aldo Moro.
Da domani sarà più facile colpire duramente chiunque protesti e manifesti, anche se non tira sassi o dà fuoco ai blindati della polizia. Anche se scende in piazza pacificamente.
Storie che abbiamo già vissuto e in cui abbiamo pianto.
Da Francesco Lorusso a Giorgiana Masi a Carlo Giuliani...

Nuova società, 19 ottobre
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