Vorrei sentire la tua voce gridare, tentare, sbagliare…

“Era un ragazzo di così buona famiglia”, si sente dire con sottofondo di campane a morto. A volte anche dalla famiglie migliori vengono fuori individui legati indissolubilmente a un’idea, per la quale sono pronti a gridare, tentare e sbagliare a prescindere. Le famiglie migliori, anzi, sono proprio quelle che pompano nel cuore della nostra società, svuotata e rassegnata, i loro figli cresciuti così. In ogni ambito, i gendarmi del quieto vivere allungano sempre più i tentacoli della repressione. La curva Maratona conta ormai decine di diffidati per motivi (motivi?) incomprensibili, al di là di ogni logica e giustizia: ce n’è per chi ha cercato di afferrare la maglietta di un giocatore a fine partita, per chi ha acceso una torcia lontanissimo dallo stadio, per chi si è attardato a fare quattro chiacchere tra i tornelli e gli ingressi, per chi è stato “visto” in una zona dove non avrebbe dovuto essere (tanto, 50 metri più in qua o più in là significano solo due anni di firma ogni domenica). Il continuo inasprimento delle leggi sulla violenza nel calcio ha appiattito ogni differenza tra ultras e semplice tifoso. L’Athletic Daspo granata è formato da ultras che orgogliosamente rivendicano le loro azioni e le loro turbolenze, ma anche da una notevole quantità di tifosi che – da un giorno all’altro – si è trovata sbattuta in un labirinto di denunce, interrogatori, avvocati, aule di tribunale. La fede comune di tutte queste persone è il Toro; la famiglia comune di tutte queste persone è la Maratona.
…Non sopporto più di vederti morire ogni giorno, innocuo e banale

Brescia. La «prima» in piazza della Loggia è volata via in un soffio, tra slogan scanditi a gran voce e gli immancabili striscioni srotolati per gridare l'ennesimo «no» alla gestione della famiglia Corioni. Gli ultras della «Curva Nord Brescia» hanno voluto inaugurare il loro «anno di lotta», occupando pacificamente la piazza simbolo della città. L'appuntamento era alle 15 in punto.


MA GIÀ PRIMA che i Macc de le ure suonassero i loro rintocchi, decine di persone hanno invaso la spianata davanti al Comune. Alla fine sono arrivati circa 500 ultras (300 per la Questura), stretti dalle sciarpe e pronti a urlare la rabbia, mai nascosta neppure in curva nord, intonando cori contro i rampolli di casa Corioni. Senza dubbio, a guardare la Loggia cinta dalle bandiere biancoazzurre come mai era capitato nella sua storia, un risultato i tifosi ieri lo hanno raggiunto: farsi vedere da chi al Rigamonti non c'è mai stato e, forse, non ci entrerà mai «con o senza Gino Corioni». E poco importa se nelle due ore passate a discutere sul futuro della società pochi passanti si sono avvicinati alla cerchia degli striscioni. Ma Brescia è anche questa, la città del «vivi e lascia vivere» che a volte, però, suona come «menefreghismo». Certo, c'è stato chi ha buttato l'orecchio per ascoltare le ragioni dei tifosi «incazzati» con il Gino. Qualcuno si è spinto pure fino al limite delle palizzate, per guardare in faccia quegli ultras visti solo per televisione. Ma nessuna pacca sulla spalla per dire: «Bravi, fatevi valere!». Se è vero che gli ultras hanno promesso nuove manifestazioni, è stato altrettanto doloroso misurare il distacco dei bresciani dalle vicende societarie che invece sembrano accendere gli animi di pochi intimi. Così la protesta della Curva Nord Brescia è tutta negli striscioni appiccicati tutto intorno alla Loggia. Dall'appello agli industriali «bresà», perchè diano il loro contributo alla squadra, alle ironie di una campagna «vendite» che ha guardato solo ai bilanci e mai a un «progetto di vivaio» e gli sfottò ai «cugini bergamaschi», con i cori e i saltelli dedicati tutti a Cristiano Doni e alla sua Atalanta.A DIRIGERE l'orchestra dal ventre di un camioncino bardato di bianco e azzurro, è stato il portavoce della Curva Nord Brescia, Enzo Ghidesi. Gli argomenti? Gli stessi scanditi fuori e dentro al Rigamonti. «Contro Corioni fino alla fine». Tanto semplice quanto complicato «liberarsi della famiglia e voltare pagina». «Non siamo in piazza contro l'uomo Corioni, al quale riconosciamo il merito di aver portato a Brescia momenti di grande calcio - ha sottolineato Ghidesi parlando ai «suoi» -. Ma è giusto che si faccia da parte». E giù applausi, con gli gnari della Curva a prendersela con Fabio Corioni, il figlio del presidente: «Ci stanno vendendo i giovani migliori per fare cassa - ha urlato Ghidesi salendo sul predellino -. Si sono accumulati debiti per 45 milioni di euro. Alla faccia di una gestione occulata. E ora che il direttore sportivo Iaconi sta cercando di ridurre questa mostruosa cifra, Fabio e le sue sorelline stanno cercando di restare attaccati al Brescia calcio». Poi Ghidesi è andato oltre, chiedendo all'Ubi banca («Il proprietario ombra del Brescia Calcio» secondo Ghidesi) un impegno «concreto». «Siamo pronti a tutto pur di contrastare la famiglia - ha rilanciato -. Ecco perchè è importante che qualsiasi tifoso scenda in strada per dire basta». Peccato che ieri pomeriggio in piazza ci fossero solo quelli della Nord. Nessuno del gruppo «1911». Ufficialmente perchè non sono stati invitati. Versione però smentita dallo stesso Ghidesi. «La manifestazione era aperta a tutti - ha sottolineato prima di ammainare le bandiere -. Chi ama il Brescia lo difende anche così». Il resto è storia, con le bandiere arrotolate, i fumogeni ad annebbiare la Loggia e gli immancabili «pirli» a girare di mano in mano come calumet della pace, tanto «urlata» quanto difficile. Almeno fino a quando il Brescia sarà di Corioni.

Brescia oggi, 9 gennaio
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